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La storia della Tenuta del Priore e dell’azienda vitivinicola Col del mondo si intreccia strettamente con i sentimenti. Lo struggimento mai sopito dell’abbraccio alla terra natìa, l’amore per la natura incontaminata, le colline del Pescarese che degradando dai filari verso la lontana civiltà urbanistica tracciavano la dimensione della passione per quelle uve che sembravano evocare un richiamo. Una storia punteggiata dai battiti di  tre cuori, da un’intima pulsione per riprendersi la propria vita laddove era iniziata, nella campagna di Collecorvino, in quella contrada destinata a diventare la sistemazione definitiva. Fu allora, dopo aver a lungo discusso e progettato, valutato e calcolato, che i cugini Mazzocchetti – Vincenzo e il fratello Giulio con il cugino Antonio – decisero il grande ritorno.

Non fu una scelta semplice. Lasciare l’attività  ben avviata  a Roma in un settore produttivo come l’edilizia, ma l’identità scolpita nei cuori non poteva attendere oltre. Era il 1973 quando i cugini Mazzocchetti crearono la Tenuta del Priore, ispirando il nome a nonno Vincenzo, che tutti nella zona chiamavano con ossequio “il Priore”. I tre giovani credevano con fede profonda nelle potenzialità vitivinicole delle colline pescaresi, nella bontà di quelle uve che crescevano e maturavano con il lasciapassare di una natura rigogliosa. Il mercato esigeva qualità.

E ricordare il Priore voleva dire associare territorio e famiglia, in un’impresa che galvanizzava.

Tempi d’oro per Vincenzo che portava il nome del nonno, del fratello Giulio, del cugino Antonio. Puntarono subito sul mercato romano, fiorente e curioso sempre di provare nuovi gusti, con il vantaggio di aver lavorato nella capitale, di aver intrecciato infiniti rapporti, di presentarsi come ambasciatori di un eccellente prodotto delle terra in una città eletta a residenza perenne da tanti corregionali. L’azienda lavorava sulla coltivazione delle vigne di oltre trenta ettari ed esportava, perfino. In illinois, nell’America che coincideva con il sogno del benessere, dove Giulio, che abitava e lavorava a Chicago, mise in piedi una società di distribuzione di quei rossi e quei bianchi che allietavano il palato. Anni in cui comincia ad affermarsi il Montepulciano doc, quasi a sdoganare il vino abruzzese finora poco considerato perfino sugli scaffali delle rivendite regionali. Vino banale, da taglio, macché, il Montepulciano fece giustizia di tanti luoghi comuni, dette slancio a bottiglie sempre più ricercate e in questa rincorsa alla qualità la Tenuta è ai primi posti.

A metà degli anni 80 una brusca frenata. Per tutti. Esplode lo scandalo del metanolo, in una nazione che produce più vino di quanto ne possa consumare scoppia la tragedia dell’adulterazione. La chimica che offusca l’immagine della purezza dei filari. Difficoltà in ogni azienda, economiche, organizzative, vendite che cedono nei grafici, inciampi vari nel tessuto sociale della società. Fratture tra i soci, incomprensioni che sfociano nei contrasti sugli obiettivi per superare quel momento nero. I bilanci soffrono e negli anni 90 Vincenzo e Antonio troncano la spirale dei problemi, rilevano le quote di Giulio e tracciano un programma di rilancio, puntando su un nuovo mercato: il vino sfuso in cisterna. Una scommessa che fonda il destino dei cugini su una notevole richiesta di vino di qualità a prezzi contenuti. Il mercato li premia, si avvalgono del prezioso aiuto dell’enologo trentino Francesco Polastri, ristrutturano totalmente la cantina ormai obsoleta per le cresciute esigenze commerciali. La scommessa è vinta.

Ma non basta. La strada della ricerca di una diversa qualità e della crescita economica è tracciata. E’ il 2003 quando un giovane laureato in enologia si fa largo con competenza teorica e l’esperienza maturata in famiglia, come le uve che originano il Fattore rosso e bianco, il Vecchio Priore, la pattuglia dei giovani e rampanti vini come il Kerrias Montpulciano e Pecorino.

E’ Fabrizio Mazzocchetti, figlio di uno dei soci fondatori, Antonio. Ha l’ambizione di chi mostra idee chiare, entra in azienda con l’intento di trasformare la produzione puntando massicciamente sulla qualità e sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni abruzzesi. Due anni prima l’avvento di Fabrizio è stato decisivo nel creare l’azienda figlia della Tenuta, la Col del mondo che mette a fuoco la grande esperienza maturata dal Priore in un’attività trentennale punteggiata da tanti successi e dalla capacità di uscire dalla crisi rilanciandosi.

E’ il momento di puntare a nuovi sistemi di coltivazione. I vecchi, cari tendoni, testimoni della passione per il vino e di un lavoro immane ogni giorno, vengono estirpati e sono installate le controspalliere, ovvero i filari che garantiscono rese differenti  e livelli superiori di qualità. La giovane azienda guidata da Fabrizio non tarda ad affermarsi. Vini giovani, maturati dalle uve coltivate tra i sassi bianchi supportati da limi e argille, negli impianti a cordone speronato e guyot, sulle colline all’altezza di 250-300 metri sul livello del mare. Vini che piacciono sempre di più, adatti alla tavola come alle libagioni in meditazione, da soli o con gli amici. Al Kerrias si associano il Cerasuolo che accarezza il palato, il delizioso bianco, nella linea del Sunnae.

Le tecniche vinicole migliorano costantemente.  Lo studio di una produzione sempre più elevata nell’ottimale rapporto qualità-prezzo che favorisce il mercato viene applicata anche a nuove linee della Tenuta, il glorioso Priore. Il commercio delle bottiglie si espande, la clientela è assetata, è il caso di dire, di questa bottiglie.

Dal 2008 la società in gran parte viene affidata a Fabrizio, una gestione attenta, lungimirante grazie anche al prezioso contributo della moglie Giovanna, dolce e decisa, un factotum che cura ogni dettaglio dell’amministrazione, settore decisivo in tutte le aziende. E’ il 2017 quando c’è il passaggio di consegne, il ricambio generazionale. L’azienda che unisce Tenuta del Priore e Col del mondo viene guidata da Fabrizio con Antonio e Stefano Mazzocchetti, un affiatato nucleo familiare che sintetizza la società che nel 2018 fonde i marchi commerciali nella prospettiva di nuovi orizzonti, per crescere ancora, con giudizio e qualità. All’insegna del motto ad majora.